eARThouse2016

Concept

Il progetto mira ad accrescere l’uso di materiali naturali e recuperare tecniche costruttive locali, ampiamente accessibili dagli abitanti, così da stabilire una forte connessione con il contesto e le condizioni abitative locali. La principale funzione del progetto riguarda la produzione di opere di arte ed artigianato, ponendosi come una piattaforma per la condivisone di saperi.
La distribuzione interna si compone di due spazi di lavoro e tre stanze collocate attorno ad un patio. Riprendendo la tradizionale tipologia della casa a patio, eARThouse esplora soluzioni alternative per la copertura fornendo un sistema di raccolta delle acque piovane oltre ad un sistema di ventilazione naturale e spesse pareti, seguendo così i principi della sostenibilità e della bioclimatica in climi tropicali.
Per raggiungere la massima rivalutazione dell’immagine delle costruzioni in terra si è ritenuto opportuno utilizzare la tecnica pisé perché tendenzialmente vista, a livello locale, come un ammodernamento delle costruzioni in terra e quindi un possibile valido sostituto dei sempre più diffusi blocchi in cemento.

Fondazioni

Le fondazioni costruite in pietra granitica proveniente da una vicina cava e malta cementizia.
La lieve pendenza del sito ha permesso di limitare le opere di sbancamento, offrendo allo stesso tempo un naturale sistema di allontanamento delle acque dallo strato basamentale.
Per via del naturale declivio del terreno le fondazioni sono state realizzate su tre differenti quote.
Un anello di cemento armato è stato successivamente realizato in sommità con funzione di connessione e ripartizione omogenea dei carichi oltre che avere una maggiore precisione della sezione sommitale. Al principio del progetto, si è resa subito chiara la diffusa scarsa considerazione verso la sicurezza del cantiere e la precisione dell’esecuzione.
Tuttavia, per puntare ad una maggiore durevolezza, riducendo i costi di manutenzione, si è ritenuto necessario raggiungere un buon livello di precisione, adottando strumenti di misura e tracciamento, non banali nel sito, come filo a piombo, cordini e livella.
La maggior parte delle difficoltà incontrate fin dal principio hanno riguardato il reperimento ed il trasporto dei materiali. Per le sole fondazioni è stato necessario un mese.

Pareti

Il progetto è caratterizzato da spesse murature in terra (16 pollici, circa 40cm), con grande massa e piccole aperture in direzione sud. Le pareti portanti sono realizzare con la tecnica pisé (terra battuta), stabilizzata con cemento (8%), addizionato al mix secco di sabbia (10%)  e terra (82%), il mix è stato definito in seguito a test ed analisi dei vicini edifici in terra. Per rendere la tecnica una valida alternativa alle costruzioni in cemento, questa deve essere competitiva principalmente in termini di costi, visto che le qualità strutturali e di comfort termico sono caratteristiche già riconosciute dalla comunità. Per ridurre i costi di costruzione sono state progettate delle casseforme in metallo, pensate come uno strumento comunitario, facilmente e rapidamente riutilizzabili da chiunque molto più a lungo delle comuni casseforme in legno.
Il progetto è stato elaborato e costruito insieme al saldatore locale ed ai giovani specializzati nella tecnica del pisé. Inoltre, le casseforme sono state testate in un secondo progetto, il quale è stato totalmente autofinanziato dal proprietario, Opoku, un contadino locale, mettendo a frutto il poco tempo e denaro a sua disposizione. Per quanto riguarda il sistema elettrico, prese ed interruttori sono stati integrati nelle pareti portanti, per raggiungere una buona qualità delle finiture interne e dimostrare le pari potenzialità della tecnica, in termini di integrazione impiantiscita, rispetto ad altre. Grazie ai numerosi volontari presenti, le murature sono state realizzate in sei settimane.

Copertura

Dovendo rispondere alle condizioni climatiche tropicali l’edificio presenta pendenze marcate delle falde, timpani aperti e alti colmi per favorire la circolazione dell’aria. L’orientamento dell’edificio è studiato per incanalare i venti dominanti.
La struttura di copertura è realizzata con legname locale, massimizzando la prefabbricazione a terra per velocizzarne il montaggio.
Sezione e passo degli elementi strutturali sono stati valutati attraverso i saperi dei costruttori locali e con test empirici di carico. Sulla sommità delle murature è stato realizzato un anello ligneo di irrigidimento e con funzione di dormiente, ancorato alle murature sottostanti.
Sotto la copertura in lamiera, in corrispondenza degli appoggi, sono state posizionate delle fasce in gomma con funzione fonoassorbente.
Inoltre per limitare il soleggiamento diretto degli ambienti, le aperture principali sono state schermate con canne selvatiche locali chiamate babadua. Il Babadua è un materiale appartenente alla tradizione locale, facilmente reperibile e tra i legnami più resistenti contro termiti ed agenti atmosferici, caduto però in disuso perchè considerato un materiale povero.
L’obiettivo era quello di elaborare soluzioni economiche e riproducibili da chiunque a prescindere dal proprio status sociale, così da migliorare le condizioni abitative attraverso semplici cambiamenti. Budget limitati in contesti come questo dovrebbero portare a minimizzare lo spreco di materiali, infatti, il legname scartato è stato utilizzato per telai ed arredi.

In questo progetto sostenibilità ha significato lavorare con budget limitati, cercando di elaborare soluzioni quanto più vicine alle capacità economiche dei locali. Riducendo i costi grazie all’utilizzo di materiali naturali combinati in soluzioni innovative, permette a chiunque all’interno della comunità di replicarle e migliorare le proprie condizioni abitative.


Risultati e problematiche riscontrate

La quasi totale mancanza di gestione e pianificazione delle attività da parte della Fondazione nonostante la sua elevata diffusione mediatica, comporta una notevole dispersione di risorse e lavoro volontario. Numerosi edifici realizzati dalla fondazione sono tuttora privi di vita artigianale. La lontananza del Villagio delle Arti dal villaggio vero e proprio (5 min a piedi) non facilita il coinvolgimento della popolazione, che continua a percepirlo come un luogo “altro”, non ne comprende gli scopi e i vantaggi delle tecniche al suo interno sperimentate.

L’edificio eARThouse non è ad ora utilizzato. LOAD si sta attualmente impegnando affinchè, insieme al Prof. Mantey e Mr.Frank, si riesca a trovare un indirizzo di sviluppo del Villaggio delle Arti,così da insediare artigiani nel progetto costruito. La collaborazione con il Prof. Mantey è stata sicuramente un aspetto estremamente positivo nel
corso di questa esperienza. L’intensa condivisione di idee ed un’intesa inaspettata che supera
ogni differenza culturale, ha riempito le nostre giornate di speranza. Il contributo da lui fornito si è manifestato sotto forma di proposte lungimiranti ed innovative, mediazione costante con i locali, disponibilità continua in cantiere anche nei lavori più faticosi.

Un obiettivo importante raggiunto ed ancora in evoluzione riguarda invece la maggiore diffusione
della tecnica in terra battuta e l’avvicinamento del gruppo di volontari verso la comunità di Abetenim. Dopo due mesi di lavoro per eARThouse, infatti, la volontà di capire l’effettivo utilizzo futuro delle casseforme in metallo è cresciuta, maturando così, insieme al Coordinatore ed il Dr. Mantey, l’idea di un secondo progetto, destinato ad essere la prima abitazione in terra battuta autofinanziata. L’obiettivo principale consisteva proprio nell’abbattimento dei costi relativi alle casseforme per la riproducibilità della tecnica da parte di tutte le persone interessate ad un miglioramento delle proprie condizioni abitative, a prescindere dal loro status sociale.
Con queste intenzioni, il team di LOAD ha potuto incontrare Opoku.

 

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